RECENSIONI E INTERVISTE

INTERVISTA CON RECENSIONE DI  'Pacific Vortex' PER IL BLOG  Letto e bloggato


Bentornati! Questa settimana parliamo di “Pacific Vortex” di Caterina Peschiera, già autrice di “A scuola di futuro”,“Fuga da Raggiropoli” e “Viaggio in Camper“, ed edito dalla Edizioni Esordienti E-Book.
Sul Libro:
Cecilia scopre che il suo universo simbolico fatto di situazioni e personaggi immaginari può realizzarsi compiutamente attraverso la parola scritta e ciò la porta a trovare una dimensione nuova e prorompente di se stessa nella realizzazione di un romanzo. La scoperta del proprio talento la condurrà sulle prime ad uno stato di estasi solitaria, un vortice di autogodimento e di alienazione da cui si farà risucchiare fino a creare una distanza incolmabile dalla realtà.
La vicenda personale di Cecilia si interseca con la storia di Scilli, il personaggio uscito dalla sua fantasia e in cui la ragazza si identifica in modo inquietante. Si tratta di una creatura disadattata come lei, un incrocio bizzarro tra una sirena ed un umano. Stupenda o mostruosa, a seconda dei punti di vista.
La mia opinione:
Mi trovo d’accordo con l’affermazione di Calvino secondo cui i migliori libri sono quelli “carciofo”: li apri e sotto ogni lembo scopri qualcosa di nuovo e di diverso. Con Pacific Vortez è così. Si parte dal microcosmo, ottuso e ottundente, della scuola, declinata nella sua accezione più negativa,(salva un pò l’onore istituzionale la figura della giovane professoressa al suo primo incarico e piena di buona volontà) e si arriva infine alla rivisitazione di una fiaba classica in chiave moderna ed ecologista. Le idee vincenti del libro sono tante e tutte ben sfruttate. C’è Cecilia, la ragazzina brillante senza mashere o filtri, “condannata” dalla piaggeria e dal pressapochismo scolastico ad essere etichettata come “diversa” e non “straordinaria”. Una vita, un personaggio, quindi, che non appartiene a nessuno ma in cui tutti si possono riconoscere, perchè a chi non è mai capitato di sentirsi fuori posto, assolutamente incompreso o vessato? Da lei parte tutto. Da lei si affresca l’immagine di una scuola dolente, predestinata all’immobilismo, ad involvere su se stessa e a spegenere a poco a poco la spontaneità e l’originalità nelle nuove generazioni. Da lei e attraverso lei si dipana la storia del suo alter ego letterario, qualla Scilli, mezza sirena e mezza umana, che vuole trovare a tutti i costi il suo posto nel mondo, vittima inconsapevole (come i suoi acquatici simili) di quell’incredibile vortice di plastica e spazzatura che sfregia il suo oceano.
Con una scrittura fluida e controllata, ma dal ben elaborato slancio vitale, e servendosi di un’accurata ricerca psicologica, l’autrice declina con semplicità tematiche “difficili”. Un libro adatto ad ogni età che fa riflettere senza mai annoiare.
E ora l’intervista all’autrice:
Che ne dici di iniziare raccontandoci qualcosa di te, cosa ami fare, come ti sei avvicinata alla scrittura e qual è il suo ruolo nella tua vita?
Sono sempre stata un tipo molto creativo. Sono consapevole di quanto questo dono abbia sempre riempito la mia vita di esperienze meravigliose. Io credo che ognuno possa essere creativo a suo modo, ciò che non è dono ma responsabilità individuale è il saper dare fuoco alla miccia, trovare l’innesco giusto. Alle volte manca solo il coraggio. E molto può fare l’educazione.
Una cosa è la creatività, altra è il talento. Mi sono cimentata in tantissimi ambiti e sarebbe troppo lungo parlarne (illustrazione, teatro, fotografia, cinema), in alcuni di questi credo di aver potuto riconoscere in me un certo talento.
Le prime grandi soddisfazioni, riguardo alla scrittura, le ho avute con la stesura di copioni teatrali: 14 favole musicali dal 1995 al 2008, che ho visto rappresentate per migliaia di alunni, dopo averne curato regia, scene e costumi. Una fatica improba sostenuta dal bisogno di vivere un’avventura creativa che potesse trovare una condivisione con gli altri. Chiusa l’esperienza per sfinimento e rischi economici, temevo fortemente il momento di vuoto che ne sarebbe seguito.
Senza un mondo immaginario parallelo, un progetto in cui potessi esprimere il mio bisogno creativo, sapevo che mi sarei sentita a disagio. Riconosco questo mio punto debole e cerco di gestirlo come meglio credo. Quando finisco di scrivere un libro ad esempio, mi sento un po’ abbattuta. Come se lo specchio si appannasse ed io non riuscissi a ritrovare l’immagine nitida in cui riconoscermi. In effetti io penso alla vena artistica come ad un tesoro con le gambe, si può credere di possederlo per sempre ma quello invece è libero di andarsene quando vuole. Quando mi arriva una nuova buona idea, la saluto sempre con un entusiastico ringraziamento.
Tornando alla conclusione dell’esperienza teatrale, devo dire che il passaggio alla narrativa è stato velocissimo. Avevo scritto solo fiabe e copioni fino a quel momento, da che parte cominciare? Lo stimolo mi si presentò presto e non fu affatto un’occasione felice: mia figlia più grande, a dieci anni, stava attraversando un’inspiegabile profondissima crisi personale. Il problema non era in casa, in cui aveva sempre vissuto con tutti un rapporto idilliaco. La ragione di una sofferenza così evidente, che la faceva star male anche a livello fisico non era lei, non eravamo noi, ma ‘semplicemente’ il resto del mondo. Ciò che aveva creduto fino ad allora fosse la normalità, scopriva che non lo era affatto ed anzi viaggiava in direzione opposta a ciò che l’aveva sempre circondata. Le sue certezze cominciarono a vacillare nello scontro con la superficialità e le bassezze della realtà esterna, rappresentata per lei dal gruppo dei pari. Non aveva ancora gli strumenti per affrontarlo e soprattutto doveva avere il tempo per metabolizzare questa sua scoperta tanto angosciante. Come fare a rimanere se stessa e nel contempo poter vivere serenamente il suo bisogno evolutivo di stare con gli altri? A quel punto, la sofferenza iniziò a scuotere alle radici anche me e mio marito ed iniziò a farsi largo il pensiero di aver sbagliato tutto.
Così ho scritto, per me e per lei. Per capire se avevo sbagliato davvero, per entrare più da vicino nel suo mondo, condividendone paure e necessità ‘da dentro’.
Nel mio primo libro “Viaggio in camper”, Carlotta si sveglia dalla notte trascorsa nel proprio camper assieme alla famiglia, senza trovare i genitori. Fuori una nebbia densissima in cui ogni cosa ha perso i propri contorni. Immedesimarmi in quel personaggio mi è servito moltissimo. Esercitare l’immedesimazione nell’altro credo sia un approccio di cui ognuno dovrebbe fare buon uso nella vita. ‘Nella pelle degli altri’ è stata la proposta di un nostro progetto di laboratorio cinematografico da realizzare con gli alunni delle medie, al fine di portarli a provare empatia per gli altri, superando la tendenza a considerarli come mero strumento per la personale affermazione di sé.
Tornando all’intento narrativo, credo che più si riesca a vedere, sentire, emozionarsi con l’anima e il corpo dei propri personaggi più ci si possa avvicinare profondamente a chi sta dall’altra parte della pagina.

“Pacific Vortex”non è il tuo primo libro, ma completa, pur rimanendo una lettura completamente autonoma, il trittico iniziato con “A scuola di futuro” e proseguito poi con “Fuga da Raggiropoli”. Qual è stata l’immagine, il personaggio, la situazione che ha dato il via a questo tuo interessante progetto? E da dove è nata l’idea per “Pacific Vortex”?

Scrivere è diventato per me un luogo ideale di espressione e crescita. Non ultimo un modo per educarmi a fare il genitore. La serie a cui ho dato vita affonda le sue radici più intime in questa mia familiare necessità: riuscire a vedere attraverso gli occhi di un’adolescente ‘speciale’. Mia figlia assomiglia un po’ad entrambe le protagoniste della serie: Cecilia e Laura. Naturalmente in loro c’è anche molto di me stessa. Ma non le conosco del tutto, nessuno conosce mai l’altro completamente. Mi lascio piacevolmente sorprendere dai comportamenti di tutti i miei personaggi. Resto spiazzata talvolta e cerco di capirli. Ognuno di noi è un pozzo di sorprese ed ognuno di noi possiede quella meravigliosa capacità di evolversi, di cui non sempre riusciamo a comprendere le immense opportunità. Anche di se stessi è bello stupirsi, si diventa una compagnia con la quale non annoiarsi mai. In pratica, il tema della serie è proprio questo: l’evolversi di un essere umano dalla preadolescenza all’età adulta. Relazioni con gli altri, rapporto con se stessi e la propria creatività, ricerca del proprio universo morale, queste le tematiche alle quali desidero avvicinarmi. Universo morale, due parole su questo punto: le difficoltà attualmente vissute dai giovani sono da imputarsi principalmente alla caduta dei valori che hanno sostenuto il genere umano lungo il corso della storia. Per giusto o ingiusto che fosse, in passato c’era gente pronta a morire per gli ideali. Ora i giovani muoiono o muoiono dentro per la mancanza di questi. Il nulla è sempre stato il nemico peggiore per l’uomo, una battaglia persa in partenza. Senza ideali per cui lottare i giovani implodono nel loro dolore, cercando nemici dove non ci sono. Paradossalmente, invece, dovrebbe attenderli la più grande delle sfide della storia dell’Uomo. Dal buon esito di questa battaglia dipende la sopravvivenza stessa della nostra specie e dell’intero ecosistema Terra. Siamo ancora molto lontani da una presa di coscienza radicale che coltivi fin dalla più tenera età una mentalità tesa ad agire per il bene comune. Assomiglia un po’ al vecchio ideale di patria: la nuova Patria, al punto in cui siamo, non potrà essere che il mondo intero.
Per quanto riguarda la genesi di ‘Pacific Vortex’ l’idea è nata venendo a conoscenza, attraverso una ricerca scolastica di mia figlia, dell’esistenza nell’Oceano Pacifico di un immenso accumulo di materie plastiche grande quanto metà Europa. Ringrazio quella professoressa per aver dato a me e ai suoi alunni uno stimolo di riflessione tanto importante.
Per pubblicare i tuoi libri ha scelto di rivolgerti al formato elettronico (ebook). Ci vuoi spiegare le ragioni di questa tua scelta?Raccontaci qualcosa del tuo percorso letterario, quali passi ti hanno portato dalla stesura del romanzo alla pubblicazione? È stato tutto come ti aspettavi?
La scelta dell’E-book?
Più che una scelta, dopo quanto detto, un obbligo morale.
In ‘A Scuola di Futuro’ gli alunni appartenenti ad una classe del 2300, restano sconcertati pensando agli usi barbarici dei ‘precatasrofici’ che li hanno preceduti. Usano la carta solo per usi particolari e il loro studio utilizza unicamente supporti digitali.
Scegliere l’E-book, fa parte di quelle opportunità che la gente dovrebbe saper cogliere al volo. Che la presa di coscienza nei riguardi dei problemi di spreco delle risorse e inquinamento ambientale sia purtroppo ancora agli esordi, lo si vede anche dal fatto che ancora questa scelta non sia decollata con la dovuta rapidità. Molti concorsi o case editrici vorrebbero sprecate pagine e pagine di carta, quando basterebbe che si munissero di un supporto elettronico. Paradossale pensare che i libri possano fare Cultura, insegnando lo spreco delle risorse.
Il cartaceo dovrebbe restare senz’altro ma destinato solo ad ambiti specifici: illustrazione, pop up, libri per l’infanzia. Sopravvive già troppo per quanto sarebbe stato giusto attendersi. Quella ecologica è una battaglia contro il tempo e questo, alla gente, non risulta ancora chiaro. L’urgenza di educare i giovani ad un’etica profondamente rispettosa degli altri e del Pianeta che ci ospita non è affatto evidente. La narrativa che va tra i giovani non si avvicina a queste problematiche con la forza necessaria. E’ preoccupante vedere come l’editoria si ostini a proporre ai ragazzi poco altro che non siano vampiri, draghi e ciondoli. Si può crescere anche attraverso la pura fantasia, non lo metto in dubbio, ma, a questo punto, sarebbe necessario che qualche grossa casa editrice puntasse su progetti con caratteristiche simili al mio.
Ho avuto ‘l’onore’ di essere stata presa in considerazione per il mio progetto dalla Mondadori. Alla fine sono stata scartata per ragioni commerciali: il lavoro non si accordava con le scelte editoriali. Il mio lavoro presenta anche un altro ‘insormontabile’ problema, sempre a livello commerciale: nei cinque romanzi che appartengono alla serie (uno da editare, l’ultimo in via di scrittura) anche il linguaggio si evolve. C’è un gran salto linguistico dal primo all’ultimo: immedesimandomi in un personaggio in rapido divenire, è naturale che anche il linguaggio si sia arricchito di una nuova complessità. Non è stata una scelta, ho semplicemente seguito il flusso dei pensieri dei miei personaggi. Se il pensiero vive attraverso il linguaggio, ad undici anni non si possono produrre gli stessi ragionamenti di una quattordicenne. Evolutivamente si tratta di uno dei momenti più affascinanti e delicati della costruzione del pensiero, seguirne il divenire mi è sembrato un’opportunità da non perdere.
Non esiste in Italia una sola casa editrice che si occupi seriamente di proporre queste tematiche ai giovani. Solo ultimamente è stato bandito il concorso: ‘Premio letterario letteratura ambiente’. Il responsabile, Gaetano Oliva, ha accolto con entusiasmo la proposta di Piera Rossotti, l’editrice di EEE-book, di partecipare con ‘A Scuola di Futuro’ e ‘Pacific Vortex’, in formato digitale. Qualcosa si muove, mi auguro che sia l’inizio di una grande svolta.

Il tuo è un romanzo dalla forte impronta ecologica e pedagogica. Cecilia, la ragazzina protagonista (e con lei il suo alter-ego letterario Scilli), deve vedersela non solo con le tipiche difficoltà della propria età ma anche con la grettezza e la superficialità di compagni e insegnati che vedono solo la sua “anormalità” e non la sua “Straordinarietà”. Situazione famigliare a chi insegna come te o frutto di pura invenzione?

Come ho già detto Scilli, Cecilia e mia figlia sono persone positivamente ‘anormali’. Prendere coscienza di essere migliori e non peggiori degli altri è il primo passo non solo per accettarsi ma anche per proporsi orgogliosamente agli altri come un’occasione, uno stimolo per chiunque ti circondi. La storia scolastica di mia figlia me lo dimostra ogni giorno. Ha iniziato con l’essere puntualmente adorata da maestri e professori ed esclusa e criticata dai compagni, poi, acquisendo forza e consapevolezza di sé e del proprio universo etico ha cominciato ad essere ben vista non solo dagli adulti ma anche da un certo numero di compagni che vedono in lei un esempio da imitare.
Per quanto riguarda il mio mestiere di insegnante spero di aver seminato molto. I semi germinano anche nei terreni poveri non sottoposti ad alcuna cura, ma ognuno sa che un terreno fertile e trattamenti adeguati possono fare la differenza.
Come dire che, se molte famiglie preferiscono che i loro figli si gingillino con astrusi approfondimenti grammaticali piuttosto che desiderare che dalla scuola si impari a discernere le cose giuste da quelle sbagliate, più difficile è sperare che certi insegnamenti possano portare alla costruzione di una nuova mentalità nei giovani.
Sei una assidua lettrice? Quali sono i tuoi autori feticcio, quelli che ami leggere e rileggere? E qual è il libro (o i libri) senza il quale non andresti da nessuna parte?
Devo dire che, fino a quando non ho iniziato a scrivere, mi sono occupata non tanto di narrativa quanto di saggistica, soprattutto pedagogia, psicologia, psicanalisi. Per citare qualche bel saggio: ‘Attraversare la vita’ di Carotenuto, ‘Un genitore quasi perfetto’ di Bettelheim, ‘Crescere con i figli’ di Ammaniti.
Per quanto riguarda la narrativa, ultimamente mi oriento sui romanzi storici: Harris, Manfredi, Augias, Corona, Mazzuco. Ogni tanto leggo anche romanzi per ragazzi, in alcuni casi esclusivamente per aggiornamento, per capire cioè cosa cerca mia figlia ed i ragazzi delle sua età: Rowling, Kelly, Troisi, Gandolfi.
Un libro che mi è davvero piaciuto: ‘Il cacciatore di aquiloni’.
Che tipo di scrittrice sei? Tra istinto e ragione quale sponda ti attrae di più? Come accade per Cecilia anche i tuoi personaggi decidono di scriversi da soli?
I miei personaggi spesso fanno quello che vogliono. Il ruolo della ragione è importante a livello iniziale: poche idee ma buone, che mi stimolino molto. Poi la ragione cerca puntualmente uno spazio che non trova. Durante la stesura del romanzo, scrivo diverse scalette con tanto di numerazione dei fatti. Trovo piacevolissimo disattendere puntualmente i miei piani per adeguarmi alla volontà dei miei personaggi. La tecnica è quella già esposta: l’immedesimazione. Cosa avrebbe fatto una persona con quelle caratteristiche in una situazione simile? Molte cose ma sicuramente non altre. A scegliere è sicuramente il personaggio stesso.
Ma c’è dell’altro, qualcosa che su tutto muove i fili e con i quali anche i miei personaggi devono fare i conti. Qualcosa che non è la mia volontà consapevole. Mi stupisce sempre vedere come questi fili, che io non muovo coscientemente, sappiano lavorare in un’unica direzione, armoniosamente. Come per un vento miracoloso la trama che ne esce risulta coerente nella sua complessità. Si tratta di logica simbolica che trascende la ragione e trova connessioni a livello emotivo. E’una dimensione per cui ogni fatto che pare presentarsi casualmente, sembra capitare per una ragione precisa. A guardar bene succede spesso nella vita. Hai parlato d’istinto e forse è la parola giusta per capire quale sia il modo migliore per approcciare quella dimensione casuale, o apparentemente tale, che trascende l’individuo e lo mette in relazione con il mondo. Quando amavo lavorare con i ritagli di carta, a scopo illustrativo, mi accadeva una cosa analoga. Più che interessarmi a ciò che tagliavo intenzionalmente la mia attenzione andava agli scarti che ne risultavano. In essi trovavo quasi sempre ciò che cercavo, Bastava volerli guardare e guardare nel modo giusto, facendo in modo che la ragione non finisse per avere il sopravvento.
Le tue tre regole fondamentali per scrivere bene.
1) Immedesimazione nei personaggi e rispetto per la loro volontà
2) Aver qualcosa da dire
3) Aver qualcosa da cercare
Louis Sepùlveda afferma che uno scrittore apprende tantissimo di sé durante il processo di scrittura. Tu cosa hai imparato di te durante la stesura di “Pacific Vortex” e cosa vorresti lasciare della consapevolezza acquisita ai tuoi lettori?
Tra le altre cose, di cui ho già abbondantemente parlato, devo dire che, da quando scrivo, mi sento sicuramente molto più sicura di me stessa. Apprezzo in Cecilia la coerenza e il coraggio delle proprie azioni e convinzioni, la sua, faticosamente conquistata, dimensione di indipendenza emotiva nei confronti del gruppo. Un esempio stupido: quando recentemente un mio amico dottore ha dato per scontato che io volessi accettare uno sconto, evitando la fattura, in altri tempi, pur ripugnandomi, sarei stata tentata di lasciar correre per non incrinare un rapporto. Bene, ho trovato il coraggio di oppormi, mostrando il mio disappunto. Ma da Cecilia ho bisogno di imparare di più e prossimamente mi riservo di fargli anche un bel discorsetto.

Qualche progetto per il futuro di cui ti va di parlarci?

Sto concludendo il quinto della serie che vede Cecilia come protagonista. Diciamo che…vorrei seguirla nella crescita.
E per questa volta è tutto.Auguro, come sempre, a tutti una Buona Lettura e non perdete il prossimo appuntamento con Letto e Bloggato! ;)



RECENSIONE DI 'Eden Project' a cura di Lettura Incrociata

Una creatura leggendaria è un essere mitologico o del folclore. Queste creature, sebbene vengano spesso definite "fantastiche" in seguito, si differenziano dalle creature del tutto immaginarie della  o narrativa o del cinema, per il fatto che qualcuno, in qualche epoca, ha ritenuto che fossero reali.
Spesso le creature mitiche sono chimere, una combinazione di due o più animali.
Molte creature leggendarie appaiono con molta frequenza nei racconti fantastici e da qui nel fantasy contemporaneo. Si afferma che queste creature sono dotate di poteri o conoscenze sovrannaturali o che sono a guardia di alcuni oggetti di grande valore, che diventano critici per la trama della storia in cui si trovano”.
Questa è una citazione da Wikipedia, naturalmente, che bene riassume lo zoccolo (è il caso di dirlo...) da cui nasce questa storia. In  “Eden Project” le creature mitologiche, divengono reali grazie agli esperimenti bio-genetici della dottoressa Jenny Eliot. Un inizio abbastanza classico, da film Hollywoodiano, con il laboratorio segreto sepolto in un angolo dimenticato della foresta amazzonica, la scienziata instancabile e geniale che poco ama il genere umano (lo disprezza abbastanza apertamente, anzi, in questo simile ai tanti  scienziati misantropi di infinite e più note vicende)  e predilige invece i teneri “mostri” creati dalle sue provette, mostrini affettuosi e dolci che lei ama come fossero realmente i suoi stessi figli. La dottoressa, a differenza di alcuni  più malvagi “colleghi” letterari e cinematografici, non coltiva ambizioni personali, non desidera per sé Potere e Gloria. Più modestamente, e più micidialmente, Eliot vorrebbe sostituire il corrotto e, (secondo lei) condannato Homo Sapiens con le sue Creature, perfette, potenti e, così lei spera, più giuste e buone. Nel suo ambizioso compito, non ha fatto però i conti con un proprio, banale, inevitabile, decadimento fisico. Questo crea una serie di problemi diciamo “familiari” che coinvolgono la dottoressa ed i suoi insoliti figli.
Ma questa è una storia, soltanto una storia. Inventata da una adolescente creativa, che scrive su un portatile nel caldo indolente di un campeggio estivo, e fa leggere alla sua amica del cuore, ciò che va inventando, o meglio vivendo, in un sogno molto simile alla realtà.
Fantasy e storia adolescenziale si alternano e si intersecano, con un buon ritmo, gradevolmente.
Forse la parte “reale” è paradossalmente la più fantastica, con la improbabile quattordicenne completamente immersa nella scrittura, in apparenza parente dei tanti ragazzini cinematografici troppo saggi, troppo seri, troppo pronti alla battuta, ma anche molto gotica, quasi una Dark Lady in miniatura, che cela una vena sarcastica e non disprezzabile. E' infatti presente, in tutto il romanzo, un sottofondo ironico interessante, che meriterebbe maggiore approfondimento. Come meriterebbero una risciacquatura (non in Arno, ma piuttosto nelle sceneggiature di un certo cinema francese...) i dialoghi, che, a tratti, peccano leggermente di ingenuità. Difetti veniali, comunque, nulla che una buona revisione (obbligatoria, sempre, per qualunque autore che voglia fare sul serio...) non possa correggere. Revisione e messa a punto, come per un motore da corsa, e potrebbe risultarne una storia non solo piacevole, ma forse anche profonda. Una storia con  il merito di rispolverare gli antichi Miti, troppo spesso oscurati da altri miti, recenti e commerciali, spesso indegni dei loro antichi e nobili antenati.

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